Le condizioni climatiche avverse continuano a impattare la produzione vinicola globale, evidenziando quanto la viticoltura sia vulnerabile ai cambiamenti climatici e sottolineando la necessità di adattarsi a questa nuova realtà.
In breve:
- Un raccolto scarso
- Italia in testa, Francia in calo
- Cambiamento climatico
- Investire per adattarsi
Un raccolto scarso
Il 45° Congresso mondiale della vite e del vino tenutosi a Digione ad ottobre non solo ha permesso all’OIV di eleggere un nuovo presidente (Yvette van der Merwe), né solamente di celebrare il suo 100° anniversario con un piano strategico del 2025-2029 accompagnato da 13 risoluzioni, ma ha anche portato l’organizzazione a confermare ciò che tutti temevano: la vendemmia del 2024 sarà scarsa. In base a un primo bilancio che considera i principali paesi produttori, responsabili dei tre quarti della produzione mondiale, la produzione toccherebbe il minimo storico degli ultimi sessant’anni, scendendo sotto i 250 milioni di ettolitri (Mhl). Tra questi paesi, alcuni che avevano affrontato serie difficoltà l’anno scorso mostrano segni di ripresa, pur rimanendo sotto le loro medie storiche. Per quanto riguarda l’emisfero sud, questo è il caso di Argentina e Australia, mentre in Europa riguarda Italia e Spagna.
Italia in testa, Francia in calo
La produzione vinicola italiana registra un leggero aumento, raggiungendo circa 41 Mhl, ma questo dato maschera gli effetti dei fenomeni meteorologici estremi. L’Italia si riconferma primo produttore mondiale. In Spagna, le cooperative agroalimentari stimano una produzione di 37 Mhl, segnando un aumento del 14,5% rispetto al 2023. Questo risultato è stato possibile grazie ai raccolti nella media in Castiglia-La Mancia ed Estremadura, che hanno bilanciato la scarsissima produzione della zona orientale, nuovamente flagellata dalla siccità. Al contrario, la situazione è meno favorevole per Cile e Francia. La produzione francese dovrebbe raggiungere circa i 37 Mhl, con un calo del 23% rispetto all’anno scorso e del 17% rispetto alla media quinquennale. Tutte le regioni viticole sono state colpite, in particolare il Giura, che registra un crollo del 68% rispetto alla vendemmia 2023. Perdite significative si sono verificate anche in Borgogna-Beaujolais (-38%), Champagne (-46%), Charente e Valle della Loira. Le cause sono da ricercarsi nell’eccesso di precipitazioni e/o nella siccità, nelle gelate e nella grandine, fenomeni che in alcuni casi si sono manifestati contemporaneamente durante l’anno.
Cambiamento climatico
Sebbene la natura abbia abituato i viticoltori alle variazioni dei raccolti, negli ultimi 30 anni la produzione mondiale « ha continuato a oscillare con un’ampiezza abbastanza costante », afferma John Barker, direttore generale dell’OIV. “Pertanto è molto significativo che nel 2023 abbia raggiunto il livello più basso di tale oscillazione”. Lo stesso parere è condiviso da Jean-Marie Fabre, presidente dei Viticoltori Indipendenti di Francia. « Al tempo dei miei genitori o dei miei nonni, i capricci climatici si verificavano appena ogni vent’anni. Allora si diceva che erano le annate dei viticoltori per la maestria e la determinazione dimostrate nell’estrarre la quintessenza dalle uve salvate. Ho l’impressione che la natura non ci regali più altro che annate dei viticoltori. » La gestione delle scorte, la capacità di autofinanziamento e un eventuale sostegno statale permettevano di attenuare le perdite del raccolto e consolidare l’attività. Ma le cose sono cambiate con una crisi multifattoriale che ha indebolito l’industria e i capricci climatici ormai ricorrenti.
Investire per adattarsi
Sebbene vitigni resistenti o pratiche agricole diverse possano mitigare l’impatto del cambiamento climatico, per il viticoltore di Fitou « piantare viti in Bretagna non basterà a risolvere il problema, dato che questa regione soffre comunque le gelate ». Sostiene un piano di resilienza che cambi paradigma grazie all’anticipazione. « Invece di ricorrere agli aiuti governativi per compensare i danni retroattivamente, perché non sosteniamo per due o tre anni investimenti destinati a proteggere la vigna dalla grandine, dal gelo e dalla siccità? « È meglio investire oggi per risparmiare domani e continuare a creare ricchezza? » si chiede Jean-Marie Fabre. Le soluzioni non mancano: contro il gelo abbiamo diverse opzioni, dai cavi riscaldanti – talvolta alimentati con pannelli solari – ai sistemi di aspersione, fino alle torri antigelo. « Le reti antigrandine sono davvero efficaci, con una protezione del 92% circa, ma l’investimento è considerevole: tra gli 8.000 e i 10.000 euro per ettaro » spiega Jean-Marie Fabre con incontenibile ottimismo. « La viticoltura nel nostro paese ha una storia di oltre duemila anni. I nostri avi viticoltori hanno superato momenti altrettanto difficili. E non è certo la prima volta che assistiamo a cambiamenti nelle abitudini diconsumo del vino… ».
Florence Jaroniak, © Pexels/Filipp Romanovski
Per approfondire l’argomento:
www.oiv.int/fr/presse/les-temps-forts-de-lassemblee-generale-de-loiv
https:/agreste.agriculture.gouv.fr/agreste-web/disaron/IraVit24124/detail/
www.wineaustralia.com/getmedia/b3576546-f5b7-4210-b936-0460b618bd41/MI_VintageReport2024_F.pdf
https://bit.ly/2024HarvestReport
https://www.nzwine.com/en/media/statistics-reports/nzw-annual-report/?submit=