Il Blanc de noirs esce dalla sua “bolla”

A lungo confinato al mondo delle bollicine, il Blanc de Noirs si fa ora strada nella versione ferma, conquistando sempre più attenzione tra enologi e professionisti del vino. Un’evoluzione tecnica e commerciale che apre nuove prospettive.

Sommario:

  • Nuove rotte, radici profonde
  • La svolta del Sud
  • Innovazione ben radicata
  • Una tecnica esigente
  • Vini intriganti
  • A tavola, un alleato versatile
  • Un’ondata d’interesse

Nuove rotte, radici profonde

Nel mondo del vino, i confini si ridefiniscono senza demolizioni: molte cantine stanno reinterpretando il loro patrimonio con i materiali che hanno già a disposizione con metodo e visione. È così che prende piede il blanc de noirs fermo, prodotto a partire da uve a bacca nera vinificate come bianchi. Una tecnica fino a poco tempo fa riservata allo Champagne, oggi rilanciata anche come risposta alla crescente disaffezione per i vini rossi. Il fenomeno si radica soprattutto nei vigneti del Sud, dove si cercano nuove strade senza rinunciare all’identità.

La svolta del Sud

Nel Roussillon, ad esempio, si assiste a un lento ritorno delle uve bianche, ma il processo richiederà tempo: la DOP Collioure bianca è nata solo nel 2003. In attesa dell’equilibrio, alcune aziende puntano con decisione sul blanc de noirs. Tra le pioniere c’è Maison Parcé Frères, che ha avviato la produzione nel 2019 insieme al Domaine Augustin e La Préceptorie. “I nostri vigneti sono sempre stati votati ai rossi, soprattutto ai vini dolci naturali, poi convertiti in secchi. Ma oggi mancava una proposta in bianco, ormai il colore preferito dai Francesi”, spiega Vincent Parcé.

Innovazione ben radicata

Uno dei vantaggi di questo approccio? L’indipendenza stagionale. Il Sud era noto per rosati intensi, ma la moda dei rosati pallidi ha spezzato questa tradizione. “Abbiamo scelto di non inseguire questa tendenza: un rosé che finisce il 1° agosto è un problema, uno che resta fino al 31 è invendibile. Il blanc de noirs invece ha una vita commerciale più lunga”, racconta Parcé. Inoltre, questa scelta offre anche benefici agronomici in risposta al cambiamento climatico: consente una vendemmia anticipata — già da agosto — evitando di attendere la piena maturazione fenolica. Ne risultano vini più freschi, leggeri (12,5–13°), in linea con le attuali preferenze di mercato.

Una tecnica esigente

La vinificazione del blanc de noirs, pur conosciuta, richiede precisione fin dalla selezione dei vitigni: meglio il Grenache Noir o il Lladoer Pelut rispetto a Syrah o Carignan, troppo carichi di colore. “Le uve, sane e raccolte leggermente sottomature, vengono pressate con delicatezza per evitare l’estrazione dei pigmenti. Fin da subito, il nostro obiettivo era vinificare senza l’uso di sbiancanti come il carbone”, continua Parcé. “La sfida era riuscire a coniugare la limpidezza dei succhi con rese economicamente sostenibili. Un percorso che abbiamo perfezionato nel tempo: protocolli di pressatura, fermentazione malolattica – che non facciamo sui bianchi ma utile a schiarire – e affinamento in barrique per 7 mesi, con bâtonnage quotidiano sulle fecce”.

Vini intriganti

Gli sforzi stanno dando frutti: dalle 1.000 bottiglie del 2019 si è passati a quasi 10.000 oggi. Romy Touchet, direttore della Cave des Chouans (Jard-sur-Mer), racconta: “Abbiamo inserito un blanc de noirs fermo nella selezione per la sua originalità. C’è curiosità, soprattutto tra i 30-40enni. Oltre i 50, le abitudini cambiano meno facilmente”. Al momento, il pubblico non lo richiede spontaneamente: “Dobbiamo fornire una spiegazione più approfondita, dalle uve alla vinificazione. Serve un vero sforzo educativo”.

A tavola, un alleato versatile

Diversamente dalla versione spumante, il blanc de noirs fermo si presta a un consumo più quotidiano, mantenendo però una forte identità. “Il nostro Pinot Noir ha una bella struttura: una materia vinosa equilibrata dalla freschezza, una mineralità fine e un frutto molto espressivo. Questo lo rende perfetto per accompagnare molti piatti, anche quelli tipici dei bianchi classici. Il potenziale è tale che stiamo già progettando nuove cuvée”, afferma Romy Touchet.

Un’ondata d’interesse

Non mancano ancora le sfide – rese basse, mancanza di riferimenti tecnici chiari – ma il movimento si allarga. Dalla Corsica (Domaine Giudicelli, Comte Peraldi) alla Loira (Domaines Mourat, Couly-Dutheil), passando per Bordeaux (Château Peybonhomme-les-Tours, Château Castera) e Provenza (Château Grand Boise, Clos des B…), il blanc de noirs fermo sta conquistando spazio. Non più una rarità, ma un vino camaleontico, capace di stupire senza mai perdere la rotta.

Florence Jaroniak. © Pexels (Cup of Couple)